Come possiamo migliorare i nostri livelli di benessere?

Nel precedente articolo di questa rubrica, abbiamo esplorato le due principali concezioni di benessere presenti in ambito psicologico:

  • il benessere soggettivo, che deriva dall’idea di benessere edonico, basato sul piacere immediato e sull’assenza di dolore;
  • il benessere psicologico, che si avvicina maggiormente al concetto di benessere eudemonico, che ha a che fare con uno stato di equilibrio interiore e con il perseguimento dei propri valori.

Ma da quali fattori dipendono i nostri livelli di benessere? E, soprattutto, è possibile incrementare il proprio livello di benessere?

Differenze individuali nei livelli di benessere soggettivo

Sembra che le differenze individuali nei livelli di benessere soggettivo (SWB) siano riconducibili per circa il 50% a fattori genetici (Haworth et al., 2016), i quali rappresentano una specie di set-point, un insieme di caratteristiche temperamentali e psicobiologiche con cui nasciamo e che esercitano su di noi una forte e duratura influenza (Sheldon & Lyubomirsky 2009).

Il restante 50% della varianza va quindi ricondotto a fattori ambientali. In particolare, il 10% sarebbe dovuto a circostanze demografiche, geografiche e contestuali che tendono a rimanere abbastanza stabili nel tempo (genere, etnia, reddito, stato di salute, luogo di residenza, ecc…).

Il 40% sarebbe, invece, determinato dalle attività che le persone intraprendono intenzionalmente nella loro vita quotidiana per influenzare i propri livelli di benessere (Sheldon & Lyubomirsky 2009).

E’ importante specificare però che quando diciamo che il benessere soggettivo è per il 50% ereditabile, non significa che il punteggio di benessere soggettivo raggiunto da ogni persona è sempre dovuto per il 50% a fattori genetici e per il 50% a fattori ambientali, ma significa piuttosto che le differenze individuali rilevabili nei livelli di benessere psicologico all’interno della popolazione sono dovute per il 50% alle differenze genetiche esistenti tra le persone e per il 50% a quelle ambientali (Haworth et al., 2016).

Inoltre le influenze genetiche e ambientali sui costrutti psicologici complessi non vanno intese come qualcosa di deterministico, ma piuttosto come indicazioni di carattere probabilistico, quindi, più che condannarci, ci predispongono a raggiungere un certo livello di benessere, ma non è detto che poi questo avvenga (Haworth et al. 2016).

Oltretutto non bisogna dimenticare che queste statistiche fanno riferimento al benessere soggettivo, che, come già accennato, rappresenta principalmente la componente edonica del benessere. Tali statistiche, quindi, non rendono conto della componente eudemonica del benessere, cioè del benessere psicologico, che scaturisce dal perseguimento dei propri valori, dalla costruzione di uno stile di vita salutare e dalla crescita personale.

Cosa possiamo fare per migliorare i nostri livelli di benessere?

Nonostante la sostanziale stabilità del set point di partenza e delle circostanze demografiche e geografiche, disponiamo comunque di un ampio spazio di manovra per cercare di migliorare i nostri livelli di benessere (sia edonico che eudemonico) e possiamo farlo proprio attraverso le azioni che compiamo quotidianamente (Sheldon & Lyubomirsky, 2006b).

E’ molto importante che le nostre azioni e gli obiettivi che ci poniamo siano coerenti con i nostri valori, cioè con le cose che riteniamo più importanti nella vita, quelle cose che danno significato alla vita stessa. Ad esempio, se il corso di laurea che abbiamo scelto non ha nulla a che fare con quello che per noi è importante nella vita, potremmo ritrovarci a non essere sufficientemente motivati nello studio. Se “essere un buon amico” è per noi un valore importante e dedichiamo tutto il nostro tempo allo studio, sacrificando completamente la nostra vita sociale, questo potrebbe renderci profondamente infelici.

Oltre ad individuare i nostri valori e ad imparare a perseguirli (argomento che approfondiremo meglio in un prossimo articolo), può essere utile sperimentare una serie di pratiche, esercizi ed interventi pensati specificamente per incrementare i livelli di benessere.

Esercizi di Psicologia Positiva

Molti degli interventi che si sono dimostrati efficaci nel migliorare i livelli di benessere delle persone sfruttano tecniche ispirate alle teorie della Psicologia Positiva, una disciplina avente come oggetto lo studio scientifico del benessere e del funzionamento umano ottimale (Mitchell, Vella-Brodrick & Klein, 2010).

Tali interventi si focalizzano in particolare sul coltivare pensieri, sentimenti e comportamenti positivi e risultano associati ad un aumento dei livelli di benessere (sia soggettivo che psicologico) e ad una riduzione dei sintomi depressivi, con effect size piccoli ma significativi, sia a breve che a lungo termine (Bolier et al., 2013; Mitchell, Vella-Brodrick & Klein, 2010).

Degli esempi delle tecniche su cui si basano questi interventi sono quelle ideate dallo psicologo e saggista americano Martin E. P. Seligman, uno dei fondatori e degli esponenti più importanti del movimento della Psicologia Positiva (Mitchell, Vella-Brodrick & Klein, 2010).

Ecco alcune delle tecniche più famose.

1) La tecnica della Gratitude visit (la visita di gratitudine), che prevede che il partecipante scriva una lettera di gratitudine per qualcuno che è stato particolarmente gentile con lui, ma che non ha ancora ringraziato adeguatamente. Il partecipante deve consegnare la lettera di persona (Seligman et al., 2005).

2) La tecnica Three good things in life (Tre cose buone nella vita), basata sullo scrivere ogni notte, per una settimana, tre cose che sono andate bene durante la giornata appena trascorsa, aggiungendo, per ognuna delle cose elencate, una spiegazione causale (Seligman et al., 2005).

3) L’esercizio You at your best (Tu al tuo meglio), che chiede al partecipante di raccontare per iscritto di un episodio della sua vita in cui si è sentito al meglio di sé e di riflettere sui punti di forza che emergono da tale storia. La persona deve poi rileggere la storia ogni giorno per una settimana, riflettendo ogni volta sui punti di forza individuati (Seligman et al., 2005).

4) Identifying signature strengths (Identificare i propri punti di forza). L’esercizio chiede alla persona di fare una top five dei propri punti di forza caratteriali e di utilizzarne almeno uno ogni giorno, per una settimana (Seligman et al., 2005).

5) Using signature strengths in a new way (Usare i propri personali punti di forza in modo nuovo). Questo esercizio è praticamente identico a quello precedente, solo che al partecipante viene chiesto di usare almeno uno dei suoi punti di forza in un modo nuovo e diverso dal solito ogni giorno, per una settimana (Seligman et al., 2005).

Cosa ne dici di questi esercizi? Quale ti piacerebbe provare?

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Bolier, L., Haverman, M., Westerhof, G. J., Riper, H., Smit, F., & Bohlmeijer, E. (2013). Positive psychology interventions: a meta-analysis of randomized controlled studies. BMC Public Health, 13(1), 119. http://doi.org/10.1186/1471-2458-13-119

Haworth, C.M.A, Nelson, S.K, Layous K., Carter, K., Jacobs Bao, K., Lyubomirsky, S., et al. (2016) Stability and Change in Genetic and Environmental Influences on Well-Being in Response to an Intervention. PLoS ONE. 11(5): e0155538.doi:10.1371/journal.pone.0155538

Mitchell, J., Vella-Brodrick, D. A., & Klein, B. (2010). Positive psychology and the internet: A mental health opportunity. Electronic Journal of Applied Psychology, 6(2), 30–41. http://doi.org/10.1037//0033-2909.95.3.542.

Seligman, M. E. P., Steen, T. A., Park, N., & Peterson, C. (2005). Positive psychology progress: empirical validation of interventions. American Psychologist, 60(5), 410–421.

Sheldon, K. M., & Lyubomirsky, S. (2006b). Achieving sustainable gains in happiness: Change your actions, not your circumstances. Journal of Happiness Studies, 7, 55-86.

Sheldon, K. M., & Lyubomirsky, S. (2009). Change your actions, not your circumstances: An experimental test of the Sustainable Happiness model. In A. K. Dutt & B. Radcliff (Eds.), Happiness, economics, and politics: Towards a multi-disciplinary approach (pp. 324-342). Cheltenham, UK: Edward Elgar.

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